Stile di vita, dieta e la regola del 5, ecco le strategie anti-età

20/05/2021
stile di vita dieta e la regola del 5 ecco le strategie anti-eta

I geni incidono «solo» per il 20 per cento sull’età biologica (quella che dimostriamo). Per il resto sono le scelte che facciamo e il tipo di vita che decidiamo di condurre a determinare se potremo giocare a nascondino con l’età anagrafica e dimostrare fino a dieci anni di meno.

Longevità e vecchiaia, c’è una bella differenza.

Nel 2040 noi italiani vivremo in media 84,5 anni. Saremo, cioè, tra i popoli più longevi al mondo al pari del Portogallo e dietro soltanto a Spagna (85,8), Giappone (85,7), Singapore (85,4) e Svizzera (85,2). A darne evidenza è una proiezione dell’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington pubblicata sulla rivista scientifica The Lancet. Un successo, ancor più se si pensa che esattamente 50 anni fa, in pieno boom economico, l’aspettativa di vita era di 71 anni e un mese.

Oltrepassare la soglia degli 80 è un grande traguardo. La sfida vera, però, è arrivarci autonomamente. In che modo? A sciogliere l’interrogativo in un libro dedicato alla mamma «maestra di vita ben vissuta» morta a 96 anni – Le 10 mosse antietà. Come aggiungere più anni alla vita e più vita agli anni, Cairo Editore – è la nutrizionista Evelina Flachi. Ospite fissa nel programma di Antonella Clerici È sempre mezzogiorno, Flachi fa subito un distinguo: «Un conto è la vecchiaia, un conto è la longevità. È a quest’ultima che dobbiamo tendere. La prima infatti è quella condizione fisica di debilitazione e inattività che ha come conseguenza la dipendenza dall’aiuto di altri. La longevità, per contro, è la caratteristica di chi vive a lungo mantenendo una buona condizione fisica e mentale. E, di conseguenza, la possibilità di una esistenza indipendente».

Avere, in tal senso, un patrimonio genetico familiare predisposto è senz’altro un vantaggio. Poi è quanto mai fondamentale affidarsi a un corretto stile di vita e a una alimentazione varia e bilanciata. «Studi recenti della Washington University School of Medicine di St. Louis — si legge nel libro della nutrizionista — dimostrano che una dieta a basso contenuto calorico, unitamente a una regolare attività fisica, riduce i valori dell’ormone della tiroide che sovrintende al metabolismo cellulare e alla produzione dei radicali liberi, principali avversari della nostra longevità. Non a caso nella classifica sull’aspettativa di vita tra i primi dieci posti troviamo i Paesi dell’area mediterranea e asiatica, con un tipo di alimentazione ad alto contenuto di vegetali e pesce. Indietro gli Stati Uniti, patria del junk food. Insomma, si può vivere di più e meglio con gli alimenti giusti e le cotture adeguate che ne preservano i valori nutrizionali. E tanto gusto. Perché l’alimentazione deve sì essere sana, ma anche appagante e piacevole. Basta poco, solo 10 passaggi, per guadagnare la longevità. E farlo in salute intesa come un insieme di fattori — benessere fisico, emotivo, sociale, intellettivo e spirituale — da favorire sempre, ma necessariamente dopo i 40 anni di età». Così.

Dieta mediterranea, perché?

Flachi, che è anche specialista in Scienza dell’alimentazione ed esperta in nutrizione funzionale, bionutrizione ed educazione alimentare, lo dice chiaramente: «Noi italiani siamo fortunati: possiamo contare su un regime alimentare, quello mediterraneo che, se opportunamente seguito, concorre a contrastare l’insorgenza di patologie importanti — penso alle cardiovascolari e alle tumorali —, preserva da sovrappeso e obesità, sposta in là l’asticella della vecchiaia. A tavola, quindi, seguendo la dieta mediterranea, cerchiamo di mettere sempre tanta verdura, molta frutta, cereali per lo più integrali favorendo stagionalità e territorialità. E variando: grazie all’incredibile biodiversità del nostro territorio, abbiamo tutte le possibilità per farlo. Poi pesce, meglio se azzurro e di piccola taglia — quelli più grossi è noto che possano contenere mercurio — e carni bianche, insaporite a piacere con un filo di olio extra vergine di oliva a crudo».

Qualità e sicurezza

A questi due parametri dovrebbero corrispondere i cibi destinati alla nostra tavola. «Il momento della spesa, ovunque la si voglia fare, è di primaria importanza. Nel carrello dovremmo inserire solo alimenti certificati, meglio se da agricoltura biologica: ci preservano dall’azione nociva dei pesticidi. Attenzione poi alle scadenze: da controllare sempre. In genere quelle molto in là nel tempo sono tali per l’utilizzo di conservanti. Sempre meglio evitare. Una volta a casa, propendiamo per cotture semplici: al vapore o alla griglia. La nota di sapore la daremo con delle spezie: zenzero, peperoncino, curcuma, zafferano... In questo modo avremo anche antiossidanti protettivi. E non ricorreremo al sale che, utilizzato in eccesso, vale a dire oltre i 5 g al giorno, può alzare la pressione arteriosa con anche danni ai vasi sanguigni, al cuore, ai reni e al cervello».

Quanti pasti al giorno?

Secondo la nutrizionista dovrebbero essere 5 (un numero ricorrente per Flachi, sua è la pentadieta descritta nel libro La dieta del 5. Ritrova la linea in 5 settimane): tre principali — colazione, pranzo e cena — più due piccoli spuntini spezza-fame, a metà mattina e a metà pomeriggio.

«Anche per me vale la regola: una colazione da re, un pasto da principe, una cena da povero. Si parte da un buon pasto completo al mattino. Purtroppo ci sono ancora molte persone — direi un buon 40-45 per cento di italiani — che cominciano la giornata con un caffè o un tè soltanto, quando va bene, consumato in piedi in una manciata di secondi. A questo va aggiunto che molti saltano anche il pranzo. Errore da evitare perché uno squilibrio alimentare prolungato nel tempo può avere un’influenza negativa sulle prestazioni fisiche e sull’efficacia mentale. Senza contare che, alla lunga, questo comportamento può indurre a consumare un pasto serale molto calorico che inevitabilmente, senza i consumi energetici adeguati, può favorire anche il sovrappeso e le patologie non trasmissibili correlate.

Per essere certi di cominciare con la giusta carica di energia, consiglio perciò di schierare il tridente: carboidrati, proteine e fibre (con i minerali e le vitamine della frutta). Quindi sì a caffè o tè, ma anche latte o yogurt con fette biscottate o pane tostato, un velo di marmellata o miele e una spremuta o della frutta, entrambe fresche. In questo modo forniremo all’organismo tutti i macronutrienti (soprattutto fibre e carboidrati) di cui si ha bisogno al mattino, con un introito calorico che in media deve essere pari al 20-25 per cento del fabbisogno energetico individuale quotidiano».

Quali alimenti preferire? «Dipende dai gusti personali. Quel che conta è variare , privilegiando i cibi integrali, ricchi di fibre, e quelli a minor contenuto di zuccheri semplici e grassi saturi (latte parzialmente scremato, yogurt magri).

Una colazione più ricca di proteine? Sia ma, come gli altri pasti della giornata, deve essere adattata all’età, alle esigenze e allo stile di vita di ciascuno».

Dall’acqua al vino, cosa e quanto bere

Almeno due litri di acqua al giorno: è quanto raccomanda l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. «L’acqua è sempre il miglior alleato per mantenere il benessere del nostro organismo . Un bicchiere al mattino (anche se spesso con gli avanzare degli anni non si avverte la sete) concorre a risvegliare il ricambio e a favorire un buon transito intestinale. Poi sono ottimi per idratare e remineralizzare l’organismo anche i centrifugati e gli estratti di frutta e verdura fresca, oltre a infusi e tisane. Attenzione ai succhi perché possono contenere molti zuccheri semplici. Per questo è consigliabile leggere bene le etichette. E sapere che non sostituiscono la frutta».

Come dobbiamo regolarci con il vino? «In mancanza di controindicazioni, è bene non superare le dosi di un bicchiere di un buon rosso al giorno per le donne, fino a due per gli uomini: tanto basta per godere delle sue proprietà antiossidanti che arricchiscono anche di gusto e piacere il pasto. Infine un cenno sul caffè ricco di antiossidanti: esiste una tolleranza individuale alla caffeina che, se non è vietata per farmaci o altro, può mantenere un buon tono mentale nella giornata. Attenzione però a non superare i tre caffè al dì».

La giusta alternanza tra attività fisica e riposo

Viviamo in una società frenetica, a metà tra stress e preoccupazioni. Che la pandemia ha contribuito ad aumentare. «In questo contesto quel che dobbiamo assicurarci è un buon sonno: dalle sette alle otto ore a notte così da rafforzare le difese immunitarie. Di giorno, poi, una adeguata attività fisica: 45-50 minuti anche solo di camminata, in base al proprio stile di vita e all’età, tre volte alla settimana (se si riesce anche di più) favoriscono il rilascio delle endorfine, responsabili del buon umore, e fortificano il corpo. Cosa importantissima dopo i 40 anni quando la perdita del tono muscolare si fa fisiologica».

Il fattore stress, nemico subdolo

«La ragione è scientifica: una situazione di stress prolungato accelera il processo ossidativo e favorisce la formazione di radicali liberi, tra i principali responsabili dell’invecchiamento cellulare. Motivo per cui è fondamentale cercare di pensare positivo, anche se il periodo storico è particolarmente complesso, e aiutarsi a stemperare le tensioni con attività rilassanti, di quelle che agiscono prima di tutto sulla mente: meditazione, yoga, training autogeno per fare degli esempi».

La socialità, un’alleata preziosa

In momento di pandemia, coltivare le relazioni sociali non è così semplice, non in presenza almeno. «Prioritario però sì, proprio in virtù di quel Covid che ha aggiunto ulteriori carichi di ansie e preoccupazioni alla nostra quotidianità. Dedicarsi agli affetti — specifica Flachi —, favorire gli scambi interpersonali, coltivare amicizie allunga la vita. E la ricerca ne dà conferma: chi vive in solitudine ha il 20 per cento di probabilità in più di morire precocemente. Da qui si capisce molto bene quanto conti l’epigenetica. In altre parole, possedere un corredo genetico di un certo tipo è una buona base per invecchiare bene. Ma recenti ricerche indicano che i geni incidono «solo» per il 20 per cento sull’età biologica (quella che dimostriamo). Per il resto sono le scelte che facciamo e il tipo di vita che decidiamo di condurre a determinare se potremo giocare a nascondino con l’età anagrafica e dimostrare i più che apprezzati dieci anni di meno. Da rifletterci su…».

Ginnastica per il cervello

«Tra i 30 e i 75 anni il nostro cervello invecchia progressivamente perdendo peso e volume. Con i neuroni che tendono a diminuire o ad andare incontro a un processo degenerativo. E una ricaduta sulle sinapsi che consentono la comunicazione sia tra le cellule del sistema nervoso fra loro che verso l’esterno. Dopo i 70 anni si possono perdere fino a 100.000 neuroni al giorno, il che determina una serie di effetti collaterali. Fra questi la perdita della memoria a breve termine, della capacità di risolvere problemi o comunque di rispondere in modo veloce agli stimoli.

Urge giocare d’anticipo con l’alimentazione, certo. Ma anche con attività intellettuali costanti che tengano il cervello sempre in movimento».

Amore e affetti da favorire

«Può sembrare un’inezia, in realtà disponibilità d’animo, altruismo, generosità sono fattori di buona salute e alleati preziosi della longevità. Cresce il numero di studi che dimostrano che chi sta bene con se stesso, quindi con gli altri, è psicologicamente più tranquillo, come preservato da quelle insidie interiori che fanno ammalare di più e invecchiare prima. Il pensatore triste Arthur Schopenhauer, tra i più convinti filosofi del pessimismo cosmico, diceva che la salute non è tutto. Ma è proprio nella personale diminutio del concetto di salute che egli ne ha collocato la sua esaltazione, aggiungendo che senza salute tutto è niente».